Cinema: Perfect Days
Alle volte può servire una vita intera e una carriera intera da grande regista internazionale d’autore per centrare il capolavoro, quello che unisce tutto il pubblico. L’ha fatto Wim Wenders con Perfect Days, forse è questo il film perfetto per questo periodo.
Trama: Hirayama conduce una vita semplice, scandita da una routine perfetta. Si dedica con cura e passione a tutte le attività della sua giornata, dal lavoro come addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo all’amore per la musica, ai libri, alle piante, alla fotografia e a tutte le piccole cose a cui si può dedicare un sorriso. Nel ripetersi del quotidiano, una serie di incontri inaspettati rivela gradualmente qualcosa in più̀ del suo passato.
Perfect Days tratta un tema visivo malinconico che s’adatta perfettamente alle tonalità emotive del protagonista di Wenders, alla sua ricerca di un elemento di immanenza, che egli vede incarnato nell’umile mestiere di pulitore: un’illuminazione quotidiana, costante come la luce che filtra attraverso le foglie del piccolo giardino dove egli pranza e dove incontra un senza-fissa-dimora, una sorta di clown folle e mansueto impegnato in pose gestuali plastiche.
In due ore Perfect Days fa innamorare di questa vita apparentemente priva di tutto (il protagonista abita in una casa spoglia in cui esiste solo l’essenziale) ma in realtà scremata del superfluo, in cui a trionfare è l’ideale del bene comune.
Perfect Days nasce sotto una grande influenza, quella del cinema di Yasujirô Ozu, verso il quale Wenders ha sempre avuto ammirazione, più che dichiarata, fin dai tempi in cui girò Tokyo-Ga, film con cui decise di rendergli omaggio nel 1985.
Dal pluripremiato autore de Il cielo sopra Berlino, una riflessione commovente e poetica sulla ricerca della bellezza nel mondo che ci circonda.